Torino – “Pur troppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gli Italiani.” Questa frase di Massimo d’Azeglio, ex primo Ministro del Regno di Sardegna e fautore dell’Unità nazionale, spesso commentata negli ultimi anni, rappresenta bene le difficoltà che l’unificazione sociale e politica del nostro paese ha incontrato dal 1861 ai giorni nostri. L’Italia, infatti, sotto diversi punti di vista si presenta come una nazione non del tutto compiuta: le differenze fra le regioni e le province sono sensibili, ma ciò che preoccupa maggiormente sono le posizioni politiche che, preso atto di queste sensibili differenze, non cercano di porvi rimedio, ma propugnano soluzioni divisionistiche, considerando quasi normali “antropologiche” le differenze fra connazionali.
Nel suo saggio-inchiesta “Terroni” Pino Aprile, giornalista dalla solida e importante carriera, cerca di mettere in luce le criticità della narrazione storica dell’Unità d’Italia come momento interamente positivo di unificazione nazionale. Aprile, che ha dedicato all’opera gli ultimi anni della sua produzione, descrive in modo puntuale il pressappochismo e le atrocità compiute dai militari e dai politici piemontesi nei primi anni di amministrazione del sud e nella guerra contro il brigantaggio, descritto come un vero e proprio conflitto civile all’interno dell’appena formato Regno d’Italia. Questi eventi tragici e violenti, che segnarono in profondità il tessuto sociale del meridione, vengono visti come momenti scatenanti della ancora non risolta “questione Meridionale”.
La tesi di Aprile merita di essere approfondita: molto spesso, infatti, sono proprio gli studi sugli eventi interni al proprio Paese quelli più trascurati dalla “grande storia”. Alcune caratteristiche peculiari della Resistenza e gli Anni di Piombo, infatti, sono stati anch’essi trascurati dagli studi storici accademici e dal racconto storico giornalistico.
La nostra redazione, dopo una lettura attenta del saggio, non può evitare, tuttavia, di evidenziare alcuni punti critici della lettura storica di Pino Aprile. Non si può leggere, infatti, la storia del passato alla luce delle categorie etiche del presente e non si possono leggere gli eventi e le decisioni del passato senza tenere conto che i protagonisti dell’epoca non erano consapevoli del loro futuro. Non si può, in altre parole, rileggere la storia dell’Ottocento italiano sotto l’unica luce del (peraltro non voluto) espansionismo nazionale sabaudo. Descrivere con imparzialità le azioni dei generali italiani fra il 1859 e il 1865 vuol dire, a nostro avviso, mettere in luce le razzie e le atrocità compiute dai Garibaldini, ma anche smentire la visione di una Napoli “capitale più avanzata” fra gli Stati italiani pre-unitari, smentita da tutte le indagini storiche di storici non italiani (e quindi non filo-sabaudi).
Mettere in luce i “punti oscuri” della politiche di Cavour non vuol dire dimenticare la sua lucida visione politica in molti ambiti dell’ agire pubblico (proprio la sua morte nel 1861 privò il neonato stato italiano di una delle poche figure in grado di gestire in modo meno traumatico l’unificazione fra stati così diversi).
La questione dell’Unità d’Italia, dunque, merita un approfondimento da parte di tutti coloro che vogliono essere cittadini attenti al valore della storia per provare a capire il presente. Deve, tuttavia, essere letto in modo critico, operando un confronto fra fonti diverse, evitando di assumere posizioni inscalfibili su un tema che solo negli ultimi anni sta soffrendo un doveroso approfondimento storico. Luigi M. D’Auria