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Mensile Indipendente fondato e diretto da Donato D'Auria. Registrato presso il tribunale di Torino il 30 dicembre 2014 al n° 38

Democrazia a rischio in Tunisia

31 gennaio 2016

Democrazia a rischio in Tunisia

Tunisi – La democrazia tunisina, nata l’anno scorso dopo un faticoso processo durato quasi cinque anni, rischia di collassare. Anche nel paese più democratico di tutto il mondo arabo, infatti, l’ISIS sta diventando una seria minaccia e sta iniziando una capillare opera di reclutamento che coinvolge un numero sempre crescente di giovani tunisini.

Queste notizie, tuttavia, non sono arrivate come fulmini a ciel sereno per gli esperti del mondo arabo. Ricordiamo, infatti, che il salario mensile medio di un lavoratore tunisino ammonta a 64 dollari e che la produzione di olio d’oliva, un tempo uno dei settori portanti dell’economia tunisina, é drasticamente crollata perché molto piccoli produttori hanno lasciato le loro terre natìe, sfiduciati dai salari da fame imposti dalle multinazionali del settore, molte delle quali hanno sede o filiali nel nostro Paese.

Tra i settori più in crisi c’é anche quello turistico, diventano il più importante del Paese negli anni della dittatura di Ben Ali. Il clima di paura che regna in Europa, causato anche dalle immagini scioccanti degli attentati al Museo del Bardo e al resort di Hammamet, ha causato un vero e proprio crollo delle prenotazioni, che sono scese ai minimi storici. Molti impiegati del settore turistico si sono trovati senza lavoro e si sono riversati con le loro famiglie nelle periferie delle grandi città, dove vivono di espedienti.

Questo clima di incertezza e ostilità nei confronti del governo rappresenta una vera e propria manna dal cielo per l’ISIS, che già controlla numerosi territori libici al confine con la Libia e che vorrebbe avvicinarsi ulteriormente all’Europa per mettere ancor più in allarme l’Occidente. Purtroppo l’economia tunisina é allo sbando e per molti i reclutatori dello Stato Islamico, che già girano il Paese riuniti in bande armate, sono dei datori di lavoro come gli altri. Il rischio che alcuni membri dell’esercito, che segue più logiche tribali che politiche, si ammutinino é molto elevato, e ció significherebbe lasciare in poco tempo una grossa porzione del territorio alle truppe del Califfo Abu- Bakr al Bghdadi.

Nonostante la criticità della situazione, il Presidente Beji Cahid Essebsi non sembra particolarmente turbato. Il presidente si sente protetto dall’alleanza arabo-progressista che guidato il Paese con ottimi risultati. Tuttavia, le città tunisine, Tunisi in primis, non sono, ad oggi, dei luoghi davvero sicuri. Come si usa dire, il terreno rischia di diventare molto caldo sotto i piedi degli abitanti di questa nazione che, purtroppo, non ha ancora trovato il modo di coniugare la stabilità economica a quella politica. Ai tempi di Ben Ali, infatti, una situazione di relativo benessere era turbata da una non troppo velata dittatura. Oggi, le importanti riforme politiche rischiano di essere cancellate da una situazione economica che, lo ripetiamo, avvantaggia solo le mire espansionistiche dello Stato Islamico, un nemico della civiltà che non deve essere sottovalutato. Luigi M. D’Auria