Dopo le elezioni la Catalogna sogna l’Indipendenza
Barcellona – Dal 1714 in avanti, anno in cui l’ultimo barlume di Indipendenza fu definitivamente perso dalla Catalogna, milioni di persone si erano trovati nelle piazze e nelle vie principali di Barcellona soltanto per festeggiare una sola cosa: i (numerosissimi) successi internazionali e nazionali del Barça (scritto rigorosamente con la cediglia) o, pochissime volte, qualche piccolo contentino per i cugini poveri dell’Espanyol che, a dispetto del nome, é catalano e catalani sta esattamente quanto i potenti rivali/alleati politici di Piqué, Messi (anche se dubito che quest’ultimo, col legamento rotto e la squadra in crisi, stia pensando alle regionali) e compagni. Ci pensa eccome un tifoso dell’Espanyol, il mio amico Manolo che, per la cronaca, é diventato il direttore di una agenzia di stampa locale. Sgombriamo subito il campo da conclusioni affrettate: queste lezioni non sono minimamente legate all’Indipendenza della Catalogna. Sulla carta, almeno. Infatti, per la prima nella storia della Terza Repubblica Spagnola, gli indipendentisti di sinistra e di destra si sono uniti sotto unica lista (Junts per Si: Uniti per il sì) con il solo scopo di sconfiggere i partiti tradizionali e iniziare un cammino vero verso l’Indiepndenza della Catalogna, sognata dai Catalani esattamente con la stessa passione e nostalgia con cui gli antichi Ebrei sognavano di ottenere la Terra Promessa. Decisamente più grave per i partiti tradizionali, i Socialisti e i Popolari del premier spagnolo Rajoy, é stato essere soppiantati da Podemos (unitosi per l’occasione ai Verdi catalani) e dalla lista moderata Ciudadanos, nonché superati anche dai comunisti rivoluzionari duri e puri del CUP, movimento che ha abbandonato ma non censurato la parola “lotta armata”. Quindi, di fatto, la Catalogna é giura una nazione dal punto di vista politico, visto che, a parte Ciudadanos, i partiti nazionali non hanno ottenuto consensi, se non con l’aiuto di liste catalane e catalaniste. Prendete per esempio Podemos: ha ottenuto, formalmente, tredici seggi,ma almeno sei andranno ai Verdi e agli eco-socialisti catalani, che detteranno la linea politica del gruppo, che per forza non sarà filo-spagnolo come detto dal leader di Podemos Iglesias. Dunque, da oggi tutti al lavoro per dare valore legale ad un referendum per l’Indipendenza che avrebbe un esito quasi scontato. Attualmente é impossibile, visto che in Spagna i referendum sono solo consultivi e che la Corte Costituzionale e il Parlamento di Madrid faranno di tutto per non perdere il 18% del PIL Nazionale, ossia la fetta rappresentata dalla Catalogna. Altra possibilità, intermedia, sarebbe quella di concedere una parziale autonomia alla Catalogna, che diventerebbe uno stato indipendente se non per alcune funzioni minime. Questo provvedimento non acconcerebbe però il CUP, i cui voti sono indispensabili per il gran-capo di questa rivoluzione, ossia Artur Mas. Io e Manolo, nel frattempo, stiamo bevendo un vino rigorosamente catalano in attesa dell’esatta distribuzione dei seggi anche se, per lui e per tanti altri, l’unico momento decisivo sarà quello in cui sarà proclamato un referendum capace di rendere indipendente questo popolo strano ed eccezionalmente fiero che, per fortuna, non ha scelto la violenza per riaffermare la propria indipendenza. Luigi M. D’Auria