Barcellona – Il sogno di un popolo è diventato realtà. Il piano machiavellico di un’alleanza di forze insurrezioniste sta provando a spezzare l’unità della Spagna. Difficile capire quale sia la verità, in una vicenda sempre più ingarbugliata come quella catalana. Pochissimi pensavano, solo un paio di anni fa, che la regione economicamente più forte della Spagna volesse andarsene. Quasi nessuno credeva, dopo le elezioni regionali del 2016, che la coalizione di partiti indipendentisti guidata da Carles Puidgemont e Artur Mas volesse davvero provare a rendere la Catalogna indipendente. Anche il referendum del primo ottobre, indicato da molti come il punto di non ritorno di questa vicenda, sembrava essersi “sgonfiato” quando il Parlamento Catalano aveva sospeso la Dui, “Dichiarazione Unilaterale di Indipendenza”. Ora, però, il Governatore Puidgemont ha varcato l’ultima linea, proclamando l’indipendenza, provocando, di conseguenza, l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione Spagnola, che prevede la sospensione delle autonomie locali. Formalmente, il nuovo governatore é il Premier Mariano Rajoy, che ha indetto nuove elezioni per il 21 dicembre.
Il popolo indipendentista, ovviamente, é rimasto al fianco della coalizione di governo, uno strano miscuglio di cui fanno parte tutte le anime dell’indipendentismo, dal centrodestra alla sinistra radicale. Proprio le differenze fra le diverse anime della coalizione portano a rivendicazioni diverse. I partiti più moderati, infatti, si sono fatti portavoce della borghesia e degli imprenditori che, un po’ come accaduto in Lombardia e il Veneto, chiedono l’indipendenza anche per motivi di carattere economico. La Catalogna produce, da sola il 19% del Pil spagnolo ed é una delle poche comunità autonome che presenta un significativo disavanzo tra tasse pagate e servizi offerti dallo Stato. Il movimento indipendentista presenta, però, anche una componente ideologica: nella storia, infatti, è sempre stata presente, in Catalogna, una componente autonomista ma, salvo periodi brevissimi, la Catalogna non é mai stata uno Stato indipendente (nel 1931 la Catalogna si autoproclamò indipendente, ma la Repubblica Catalana fu sciolta dopo 11 giorni).
É necessario ricordare, in ogni caso, che il fronte indipendentista non sarebbe in grado di ottenere la maggioranza in un eventuale referendum condiviso da entrambe le parti. Il primo ottobre, infatti, solo il 43% degli aventi diritto si è recato alle urne. Di questi, il 91% ha votato a favore dell’indipendenza. Il fronte “unionista”, però, non ha trovato assistenza da parte dei partiti “nazionali” (Podemos ha scelto di non opporsi al referendum del primo ottobre) e la loro voce non è riuscita a farsi ascoltare come quella degli indipendentisti. Il Governo di Mariano Rajoy, inoltre, non é riuscito a mantenere una grande continuità d’azione nel corso del tempo. Fino allo scorso ottobre, infatti, ha quasi sottovalutato le azioni della maggioranza di governo catalana, poi ha scelto una “linea dura” che ha portato ad atti di violenza ingiustificati, foree temendo che la Catalogna potesse essere capofila di un movimento in grado di coinvolgere altre comunità autonome, come Galizia, Paesi Baschi e Navarra, dove i partiti autonomisti sono alla guida delle giunte regionali.
É difficile prevedere quello che accadrà nei prossimi giorni, o anche solo nelle prossime ore. Il Governo spagnolo ha preso il comando della Polizia Locale (Mossos d’Esquadra) e di Radio Catalunya, ma atti di disobbedienza e insubordinazione non sono affatto da escludere. Diverse fonti, poi, parlano di oltre diecimila agenti della Guardia Civil pronti ad occupare punti strategici come porti e aeroporti. La protesta degli indipendentisti é ancora pacifica, ma non è del tutto irreale che i militanti del partito di estrema sinistra “Cup” decidano di costituire delle bande in grado di praticare una forma di guerriglia urbana. É certo, però, che la tensione sociale sta salendo alle stelle e, purtroppo, l’Unione Europea non ha ancora fornito una risposta unitaria ad una questione che é tutt’altro che un “problema interno alla Spagna”. In Catalogna, infatti, si gioca la sopravvivenza della stessa idea di Unione Europea così come era stata pensata dopo la Seconda Guerra Mondiale. Luigi M. D’Auria