Torino – Dopo tanti dubbi iniziali e diverse polemiche, dal 31 maggio al 4 giugno si é svolta la prima edizione del Festival dell’Economia di Torino. Dopo sedici anni a Trento, Tito Boeri e l’editore Laterza hanno deciso di cambiare sede (lavorando a stretto contatto con l’Università di Torino e con Tolc), lasciando molti dubbi sull’opportunità di svolgere due Festival dedicati all’economia in Italia, peraltro praticamente nelle stesse date. Il risultato, alla fine, é stato apprezzabile, con un buon riscontro di pubblico, non solo di addetti ai lavori ma anche giovane, e con la presenza di relatori di altissimo livello che hanno animato la chiusura di un maggio culturale di grande ripartenza per la città di Torino.
Da parte degli organizzatori, la volontà di costruire un percorso di qualità a Torino sembra forte. Il Festival ha coinvolto moltissimi luoghi della città (forse troppi, a nostro avviso, con diversi incontri quasi contemporanei in luoghi diversi che hanno reso alcuni momenti della manifestazione decisamente dispersivi) e portato tanti relatori di grande livello in città, in un continuum con altri eventi, come il Salone del Libro e il Festival del Giornalismo Alimentare. Grazie anche ad un budget importante, il Festival potrà crescere ancora e razionalizzare gli eventi proposti, inserendosi a pieno titolo nel calendario culturale e degli eventi torinesi.
Tanti, dunque, i relatori famosi che hanno animato i diversi incontri e panel del Festival. Oltre agli ospiti istituzionali, come il Commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni, non sono mancati anche economisti e operatori della comunicazione, come Federico Rampini, che ha presentato il suo ultimo pamphlet “Il Suicidio Occidentale”, un’opera che si propone di mettere in guardia l’Occidente da una perdita di un orizzonte valoriale preciso e definito.
Da ultimo, decisamente importante anche la proiezione di diversi film e cortometraggi, con la chiusura del Festival affidata a “L’Albero degli Zoccoli” di Ermanno Olmi. Un’opera tornata d’attualità per la sua capacità descrittiva di un quadro sociale povero e per certi versi dimenticato, le cui implicazioni sono tornate di strettissima attualità negli ultimi due anni. In un quadro economico in rapida evoluzione, con tante sfide decisive alle porte, l’importanza di un Festival in grado di unire Accademia e partecipazione sociale é più che mai evidente. Luigi M. D’Auria