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Mensile Indipendente fondato e diretto da Donato D'Auria. Registrato presso il tribunale di Torino il 30 dicembre 2014 al n° 38

Addio (o forse no) Corpo Forestale dello Stato

25 luglio 2015

Addio (o forse no) Corpo Forestale dello Stato 

Torino – Mentre sta finendo, per quanto riguarda lo sport, il Tour De France l’Italia si sta interrogando su cosa sia cambiato, davvero, nel Paese da quando quest’ultimo é guidato dal Premier Matteo Renzi. Forse, dal prossimo anno, per i cittadini cambierà finalmente qualcosa nella vita concreta dei cittadini, che di punto in bianco si ritroveranno senza il Corpo Forestale dello Stato. Infatti, dopo un accordo (se si ha il coraggio di definire in questo modo un patto fatto di notte senza far sapere nulla a cittadini e operatori del settore) tra burocrati, politici e alti dirigenti dei rispettivi Corpi, é diventato ufficiale lo smembramento del Corpo Forestale dello Stato, che sarà costretto a subire una divisione di competenza e uomini che assomiglia più ad uno spezzatino che ad una razionalizzazione. Prima di parlare della riforma, tuttavia, é bene ricordare la storia del Corpo Forestale, utile a far capire ai nostri politici che esso non ha nulla da invidiare agli altri Corpi, considerati tuttavia “più importanti”. Fondato nel 1822 dal Re Carlo Felice di Sardegna, l’Italia non era ancora unita, il corpo Forestale dello Stato era originariamente deputato al mantenimento e alla difesa dei presidi di caccia reali. Dall’unità d’Italia in poi, invece, il Corpo Forestale dello Stato, divenne davvero un Corpo di Polizia, perché i suoi compiti iniziarono a spaziare dalla difesa dei boschi fino alla difesa dei contadini nelle aree isolate. Dopo le riforme degli ultimi cinquant’anni, le sue competenze sono aumentate fino ad includere temi davvero importanti come l’agroalimentare e le eco-mafie, come quelle che operano nella Terra dei Fuochi. Insomma, il Corpo Forestale é un importante patrimonio italiano (addirittura, mentre in Italia lo si vuole chiudere, in altri luoghi d’Europa lo si vuole fondare) da difendere con le unghie e con i denti, dato che le sue competenze sono ugualmente importanti, ma diverse, rispetto a quelle di Polizia e Carabinieri. Ora che la frittata é (quasi, visto che mancano ancora mesi di decreti attuativi) fatta, bisogna capire di chi sono le responsabilità di tutto ciò. Si potrebbe insultare il solito Governo ladro, ma, a mio avviso, gli agenti del Corpo Forestale dovrebbero guardare al loro interno, puntando il dito contro quei sindacalisti e quei dirigenti, primo fra tutti il Capo del Corpo Cesare Patrone, che non hanno mai alzato un dito contro la riforma, piegandosi, come a seguito accordi già presi, a tutte le decisioni prese da altri, dimostrando di essere più dei “filogovernativi” che dei professionisti, in alcuni casi pagati come dei grandi menager, al servizio della collettività. Insomma, oggi ci troviamo con 7500 Forestali pronti a transitare nei Carabinieri, 300 specialisti dell’antincendio da destinare ai Vigili del Fuoco, gli uomini del CITES con le divise da finanzieri pronte e gli atleti del glorioso gruppo sportivo (di cui fanno parte, ancora oggi, atleti di grosso calibro come Daniele Molmenti e Dominik Paris) nel limbo. Non bisogna dimenticare i “Corpicini” delle regioni autonome, che rimarranno autonomi ma non hanno luoghi dove fare la formazione, visto che fino ad oggi l’hanno svolta preso le sedi del Corpo Nazionale. Insomma, ammetto di essermi sbagliato, cari venticinque lettori: più che uno spezzatino lo smembramento del Corpo Forestale assomiglia ad un minestrone mal fatto che, più che scaldare chi ha avuto una giornata pesante, non fa che aprire un buco nello stomaco. Speriamo, a questo punto, in un miracolo. Luigi M. D’Auria