Milano – La diciassettesima giornata del campionato di Serie A 2018-19 ha lasciato dietro di sé alcune verità che potrebbero influire in maniera decisiva sui futuri sviluppi del campionato. Il dominio della Juve, con la vittoria dei bianconeri sulla Roma, diventa ormai un dato oggettivo e solo un suicidio sportivo potrebbe rimettere in partita il Napoli (che, pur essendo a 8 punti da “Madama”, viaggia comunque sulle stesse medie dello scorso anno). Quello che colpisce, in un freddo pomeriggio prenatalizio, sono i patimenti delle milanesi: l’Inter, fermata anche dal Chievo, sarà condannata a lottare di nuovo per la Champions (anche se il terzo posto resta un obiettivo alla portata dei Nerazzurri, che hanno un’ottima rosa e un margine di sicurezza sulle inseguitrici), mentre il Milan é stato sconfitto a San Siro dalla Fiorentina, al termine di una partita dominata dagli scontri a centrocampo e dalla paura di non perdere, risolta da una stoccata di Federico Chiesa.
La situazione più critica sembra essere quella dei Rossoneri. I freddi numeri parlano chiaro: il Milan non segna da tre partite, é stato eliminato dai gironi di Europa League e ha una media punti molto bassa, con cui nessuna squadra si é qualificata alla Champions League nell’era dei tre punti e delle quattro italiane qualificate. A tutto ciò é necessario aggiungere che la situazione ambientale non sembra credere molto nelle possibilità di risalita dei rossoneri: Gattuso é diventato capro espiatorio di un momento no e molti tifosi rossoneri, celebri e non, lo hanno scaricato, seguendo l’esempio di Matteo Salvini, tifoso rossonero che dal suo ex alleato Berlusconi sembra aver ereditato un certo astio per ogni allenatore che non faccia giocare il Milan con il “tiqui taka” o il “calcio Champagne”.
Il destino di Gattuso sembra segnato, visto che solo due vittorie con Frosinone e Spal potrebbero salvare la panchina del tecnico di Corigliano Calabro, con Donadoni e (forse) Wenger pronti a scaldare i motori e a subentrare dopo la sosta, quando il Milan rientrerà con sfida di Coppa Italia contro la Sampdoria e la Supercoppa contro la Juve. La guida tecnica, a nostro avviso, non é il vero problema di questo Milan e, anzi, a nostro avviso é un punto di forza.
Proviamo a spiegare questa provocazione: se è vero che il Milan non segna, é altrettanto vero che concede molto meno (1 solo gol in 3 partite) rispetto all’anno scorso. Anche contro la Fiorentina, si é vista in campo una squadra in grado di reggere l’urto e di concedere poche conclusioni agli avversari. Non bisogna dimenticare gli infortuni: il Milan si é presentato contro la Fiorentina senza il centrocampo titolare (Kessié, Biglia, Bonaventura), senza altri due centrocampisti (Bakayoko e Bertolacci). Non bisogna dimenticare che Caldara e Strinic, due degli acquisti estivi principali, non si sono visti per gravi problemi fisici e di salute e che il Milan ha giocato più di una partita con difese inventate (Abate e Rodriguez inventati centrali, Zapata rispolverato dalla tribuna): una squadra non organizzata non avrebbe strappato un punto con Lazio e Torino con queste premesse.
I problemi offensivi, a nostro avviso, derivano più da mancanze dei singoli che da carenze tecniche. In questo momento le sorti dell’attacco rossonero si reggono unicamente sulle giocate di Suso. Colpa di Gattuso? Forse, ma non bisogna dimenticare che questa situazione é stata provocata dalla scarsa vena di Castillejo e Calhanoglu, entrambi spesso in campo con le “polveri bagnate”. Questa situazione si ripercuote, inevitabilmente, su Gonzalo Higuain, terminale offensivo della squadra: la sua condizione di forma non é strepitosa, ma i rifornimenti non sono quelli del Napoli e tantomeno quelli di Torino, quando il Pipita poteva permettersi di segnare tanti gol “facili” grazie a compagni di reparto di livello assoluto. Le voci di mercato che lo vogliono pronto a raggiungere Sarri al Chelsea (al Milan andrebbe Morata) confermano che in queste situazioni “piove sempre sul bagnato”.
Nonostante questo quadro fosco, il Milan resta quinto a un punto dal quarto posto (complice la crescita di tante squadre “medie” come Torino, Sampdoria e Atalanta e i problemi di Lazio e Roma), con un gruppo che, a differenza di quanto accaduto con Montella, vede in Gattuso un punto di riferimento. Anche il mercato di gennaio potrebbe dare una grossa mano ai Rossoneri: sta a Leonardo indovinare le mosse, portando a Milanello un esterno sinistro (si é fatto addirittura il nome di Rashford del Manchester United) e una mezzala (forse Fabregas, forse Ramsey) di qualità. A Gattuso, invece, il compito di rivitalizzare dal punto di vista mentale un gruppo rimasto con la testa alla terribile serata di Atene. Difficile che possa riuscirci un altro allenatore, sia esso un italiano che non ha mai allenato una grande, come Donadoni, o uno straniero che non ha mai allenato in Serie A, come Wenger: chi sogna grandi nomi per la panchina, infatti, dovrà attendere almeno giugno, oppure avere pazienza e sostenere il percorso di crescita di un Gattuso che, al netto di qualche peccato d’inesperienza, ha dimostrato di non essere solo un traghettatore da “cuore e grinta”. Donato D’Auria