Torino – Il 28 dicembre il Presidente della Repubblica ha firmato il decreto di scioglimento delle Camere, che ha posto fine ufficialmente alla XVII Legislatura, di fatto terminata quando anche le forze di maggioranza hanno rinunciato alla Legge sullo Ius Soli, naufragata subito prima delle festività natalizie. La fine della legislatura (anticipata di poco più di tre mesi rispetto alla scadenza naturale del 15 marzo 2018), in ogni caso, era nell’aria già dal 5 novembre, quando il Presidente Mattarella aveva firmato la nuova legge elettorale (il “Rosatellum Bis”), legge con cui si andrà alle urne il prossimo 4 marzo.
La nuova legge elettorale prevede un sistema elettorale “misto”: il 37% dei seggi sarà assegnato con il sistema maggioritario in collegi uninominali, attraverso la modalità nota, nel mondo anglosassone, come “first pass the post” (il candidato più votato ottiene il seggio), mentre il 61% sarà assegnato attraverso un sistema proporzionale con collegi plurinominali con “listini” bloccati. Il restante 2% (12 deputati e 6 senatori) saranno eletti dagli italiani all’estero tramite voto per corrispondenza (il sistema è, anche in questo caso, proporzionale). La soglia di sbarramento é stata collocata al 3% per quanto riguarda le liste singole e all’1% per quanto riguarda le liste inserite all’interno di una coalizione. Sono tornati alla ribalta, dunque, i numerosissimi “partitini” che popolano la galassia politica italiana, tutti ben accetti da centro-destra e centro-sinistra, entrambi alla ricerca di alleati preziosi.
A poco più di due mesi dal voto, proprio il centro-destra (guidato da un Silvio Berlusconi tirato a lucido) sembra la forza politica in grado di vincere le elezioni. Negli ultimi mesi l’ex cavaliere ha chiamato a raccolta tutti gli alleati del passato, compresa la Lega che, nonostante il tentativo di Matteo Salvini di renderla una forza “nazionale”, non può correre da sola. La galassia del centro-destra presenta moltissime anime: da “Fratelli d’Italia” di Giorgia Meloni al contenitore centrista di “Noi con l’Italia” (di cui fanno parte Raffaele Fitto e Flavio Tosi) dai “sovranisti” Storace e Alemanno a Stefano Parisi con la sua “Energie per l’Italia”. Questa coalizione potrà certamente ottenere moltissimi voti, ma difficilmente resterebbe unita a lungo dopo il voto. La non candidabilità di Berlusconi, poi, la obbliga alla difficile ricerca di un leader che accontenti tutte le sue componenti.
Parte in ritardo, invece, la coalizione di centro-sinistra guidata da Matteo Renzi (che ieri ha perso l’appoggio della lista +Europa, guidata da Emma Bonino), che, per tentare la rimonta, ha deciso di lanciare, insieme ai suoi alleati, la piattaforma “Insieme”, che punta a sottrarre voti alla ex “sinistra Pd” di Liberi e Uguali, guidato dall’ex Presidente del Senato Grasso. Restano alleati dell’ex Premier anche i centristi di Civica Popolare (nata dalle ceneri di Alternativa Popolare). Rimane defilato, invece, l’attuale Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, forse l’unica figura attorno alla quale si potrebbe creare un nuovo governo di larghe intese in caso di (prevedibile) pareggio tra le principali forze politiche.
Punta alla poltrona di Premier anche Luigi Di Maio, ormai unico leader del MoVimento 5 Stelle. Anche se nei sondaggi il centro-destra è dato in netto vantaggio, i “pentastellati” puntano a recuperare i voti dei tantissimi “scontenti” della “vecchia politica”. Anche i Cinquestelle, però, hanno dovuto fare i conti con la realtà della politica “di palazzo”, senza ottenere sempre risultati apprezzabili (come accaduto a Roma e a Torino). Non convince, poi, il fatto che anche i Cinque Stelle, fino ad oggi, non abbiano ancora presentato un vero e proprio programma (come le altre coalizioni) e che si siano limitati ad annunciare la presenza di molte figure “tecniche” nel loro esecutivo. Fino a questo momento, dunque, tutte le forze politiche hanno preferito una politica “urlata” e ricca di slogan ad una più ragionata ed improntata alla nascita di un vero e proprio programma di governo. Luigi M. D’Auria