Tanta tattica e qualche sorpresa nei primi nove giorni di Giro d’Italia
Greve in Chianti (Fi) – La quiete dopo la tempesta. Alle ore 18 di domenica 15 maggio, io e Gigione Magnani stiamo sorseggiando un bicchiere di Chianti Classico in una piccola bottiglieria di Greve in Chianti, ammirando l’azzurro del cielo e le splendidie colline toscane. Fino ad un quarto d’ora fa, tuttavia, il cielo sopra Greve era nero, la pioggia era battente e le strade viscide.
Domani i corridori vivranno il secondo giorno di riposo da inizio Giro, utilissimo per visionare ancora una volta l’arrivo in salita di Sestola, magari presentandosi direttamente sul posto. La sensazione è che, sulle brevi ma non facili salite dell’Appennino Emiliano, qualcuno dei big si esporrà in prima persona, se non altro per testare la gamba degli avversari. In questi primi nove giorni, del resto, è stata la tattica a dominare, e non lo spettacolo. Le tappe del sud non hanno regalato al numeroso pubblico presente grandi scossoni in classifica. Fino alla tappa di Arezzo, infatti, Tom Dumoulin ha agito da vero padrone della corsa, permettendosi anche il lusso di sfruttare un attacco di Pozzovivio per guadagnare qualche secondo ad un Valverde distratto e ad un brutto Nibali sul traguardo di Roccaraso/Aremogna.
La situazione è cambiata radicalmente nell’ottava tappa, l’insidiosissima Foligno-Arezzo, che proponeva nel menù la scalata dell’Alpe di Poti, salita non durissima ma quasi interamente sterrata sia in salita che in discesa. Proprio qui Valverde ha lanciato il primo vero attacco di questo Giro, alzandosi sui pedali con la faccia arrabbiata del capobanda che vuole dimostrare la sua autorità. Nibali lo ha marcato a uomo, senza esporsi in prima persona, e tutti gli altri favoriti non hanno perso tempo. Tutti tranne la maglia rosa Dumoulin, che ha perso più di un minuto, patendo sia le strade bianche toscane, che premiano chi le ha già affrontate più di una volta, sia l’assenza di gregari di livello.
Il capolavoro di giornata, però, lo ha firmato il ventisettenne Vicentino (è nato nel comasco, ma risiede da più di vent’anni a Bassano del Grappa) Gianluca Brambilla, ex promessa del ciclismo italiano che è risbocciato solo alla scorsa Vuelta (dove ha chiuso tredicesimo). Libero da pressioni, Brambilla ha attaccato subito alla partenza, portandosi dietro il compagno di squadra Trentin, e ha fatto il vuoto sulla discesa dell’Alpe di Poti, dimostrando un’abilità di conduzione comune, nel lotto dei favoriti, solo a quelle di Nibali e Valverde.
Brambilla si è poi confermato nella cronometro “del Chianti Classico”, riuscendo a conservare la maglia (nonostante delle condizioni meteo avverse, complici di cadute eccellenti come quella del russo Zakarin) e a guadagnare qualche secondo su tutti i favoriti. Ora alle sue spalle ha il compagno di squadra Jungels che, se ascolterà i consigli del Ds Bramati, non gli darà fastdio, concentrandosi sulla classifica della maglia bianca. Intorno al minuto si concentrano diversi favoriti: Nibali, Landa, Dumoulin, Majka e Kruijswik. In zona c’è anche Valverde, che però si trova una bella gatta da pelare in squadra. Il Costaricano Amador, infatti, si trova davanti al murciano in classifica e non sembra intenzionato a mollare.
La cronometro è stata fatale per le ambizioni di classifica di Chaves, Pozzovivo e Uran, che sono andati letteralmente a picco, perdendo diversi minuti. Se il folletto Chaves e il lucano erano in qualche modo preparati alla sconfitta, e dunque anche a studiare azioni a sorpresa per provare a guadagnare, così non era per Uran, che solo due anni fa aveva vinto una cronometro uguale a questa a Barolo, ma che non è riuscito ad andare oltre un misero cinquantesimo posto. La sua situazione è una dimostrazione di come, al Giro, sia impossibile fare calcoli, perchè le imboscate sono dietro l’angolo. Luigi M. D’Auria