Torino – Il confronto tra passato e presente é stato, nel corso dei secoli, uno dei temi più importanti della riflessione di storici, filosofi e politici. Riflettere sulle grandi civiltà del passato può essere, infatti, una delle chiavi per comprendere la propria epoca. La civiltà romana e le sue diverse fasi (l’Impero, la Repubblica o parti delle stesse), in particolare, é stata al centro delle riflessioni di moltissimi personaggi illustri, da Machiavelli al diplomatico inglese Bryce, passando per illuministi come Mentesquieu.
Nel libro di Sergio Roda, “Il modello della Repubblica imperiale romana far mondo antico e mondo moderno”, edito da Monduzzi, ci si concentra proprio su come Roma, la sua storia e il suo modello politico sono stati recepiti e studiati nel corso della storia, fino ai giorni nostri. Un professore e studioso di così alto profilo, in ogni caso, non poteva non supportare la sua riflessioni con spunti e fonti provenienti direttamente dall’età romana. In particolare i discorsi di Elio Aristide (retore del II secolo d.C) e di Calcago (capo dei Caledoni il cui discorso fu immaginato da Tacito nel suo “Agricola”) diventano paradigmi di due visioni opposte della romanità: civiltà quasi “superiore”, in grado di pacificare tutto il bacino del Mediterraneo e non solo sotto un’unica cittadinanza, in grado anche di preservare autonomie cittadine, oppure impero sanguinario, che ha soppresso la libertà di moltissimi popoli e ha solo illuso i propri sudditi, grazie a tecniche raffinatissime di propaganda, di essere davvero cittadini.
Questa duplice interpretazione dell’esperienza politica dell’impero romano permane anche nell’ultimo secolo. La grande filosofa e mistica ebrea Simone Weil, ad esempio, vede nell’intento di universalità dell’Impero Romano un germe di assolutismo che avrebbe ispirato l’esperienza politica e l’ideologia nazista. Segnata anche dalla consapevolezza di un Olocausto imminente (Weil scrive nel 1939), la grande filosofa arriva a parlare di Roma come di un “male assoluto” caratterizzato da forme di controllo quasi demoniache dei popoli oppressi.
Molto interessante anche il confronto fra gli Stati Uniti, “impero” dei giorni nostri e Roma. Molto spesso sono stati gli stessi studiosi americani “militanti” a tracciare similitudini, anche forzate, fra il way of life Romano e l’American Dream. É impossibile, in ogni caso, non notare come il modello romano del Senato e la gestione dell’allargamento della cittadinanza furono utilizzati dai Padri Fondatori americani per definire le strutture politiche dei nascenti Stati Uniti. Anche nelle tecniche di “soft power” utilizzate dagli Usa nei rapporti con i Paesi Nato, inoltre, é possibile scorgere una somiglianza con la figura politica di Augusto, di fatto monarca assoluto ma anche grande uomo dell’equilibrio e della concordia tra le diverse componenti dello Stato, senza contare la possibile suggestione del confronto fra i Gracchi e i Kennedy.
Il modello della “Repubblica Imperiale” romana, dunque, non puó definirsi del tutto estinto, anche perché, come dimostrato dallo splendido testo di Sergio Roda, spesso i più grandi uomini politici e filosofi, anche molto lontani da una concezione imperiale del potere, hanno finito col confrontarsi con il mito di Roma e con la volontà di emularne la grandezza. Studiare il passato, dunque, potrebbe essere visto da ogni uomo politico non come un vuoto esercizio di studio, ma come un utile strumento per acquisire nuove competenze e spunti per leggere il presente. Luigi M. D’Auria