Torino – Un risultato per certi inatteso, ma che non cambia gli equilibri del Parlamento europeo. É questo l’esito delle elezioni europee 2024, che si sono svolte nei 27 Stati membri dell’Unione dal 6 al 9 giugno scorsi. Nonostante un deciso arretramento di alcune delle forze storiche del mondo politico europeo (i liberali di Renew Europe e i Verdi) e diverse vittorie di partiti anti-Ue di destra ed estrema destra (particolarmente netta quella del Rassemblement Nationale francese), la maggioranza che ha guidato la Commissione Ue negli ultimi 5 anni, con la Presidenza di Ursula Von der Leyen.
Nelle prossime settimane, dunque, si insedierà il nuovo parlamento europeo e saranno rinnovate le principali cariche politiche del sistema amministrativo dell’Unione Europea. Ursula Vom Der Leyen ha ancora la teorica maggioranza dei voti, come detto in precedenza, contando soprattutto sui voti del Ppe (partito popolare europeo) e dei Socialisti e Democratici. Si tratta, comunque, di un voto indiretto, con alcune incognite sulla “tenuta” di una maggioranza comunque eterogenea, e con le liste euroscettiche (i Conservatori e Riformisti Europei e Identità e Democrazia) chiamati ad avere un ruolo politico che non potrà essere solo di rottura e di protesta.
In Italia, in un’elezione segnata dall’elevatissima astensione, che ha superato il 50% degli aventi diritto, il primo partito é stato Fratelli d’Italia con il 28% dei voti. La premier Meloni ha scelto un referendum sul suo operato che ha pagato solo in parte, consegnandole una vittoria ma non una classe dirigente in grado di proporre politiche incisive a Bruxelles (in questo senso sarà comunque centrale la scelta del prossimo commissario europeo spettante all’Italia). Secondo posto, con un discreto recupero percentuale, per il Pd. Tra le altre liste, hanno ottenuto buoni risultati Forza Italia e Alleanza Verdi e Sinistra (una delle poche liste ambientaliste a guadagnare consensi in Europa), mente sono parsi i difficoltà 5Stelle, Lega e le due forze di centro, fermate dai personalismi dei rispettivi leader.
Finito il momento del voto, con i suoi verdetti e le sue dinamiche, inizia quello della politica parlamentare e istituzionale. I rappresentanti italiani eletti a Bruxelles sono chiamati a svolgere un ruolo più attivo rispetto a chi li ha preceduti. Le statistiche istituzionali vedono il nostro Paese in fondo alla classifica, fra gli Stati membri, per influenza e proposte presentate al parlamento europeo. Un’attività istituzionale di alto livello, sia pure condotta su posizioni politiche diverse, al contrario, non potrà che portare benefici anche alla nostra politica nazionale.
Per quanto riguarda il futuro dell’Unione Europea, invece, la nostra testata ritiene che queste elezioni non abbiamo fatto altro che certificare tendenze già presenti nell’elettorato. L’Europa politica attuale é troppo debole per essere davvero incisiva. Se l’UE non vuole sciogliersi o essere definitivamente depotenziata, non può più rinviare una riforma complessiva della sua architettura istituzionale, che permetta agli Stati flessibilità, ma anche la possibilità di unificare, almeno in parte, settori strategici quali la difesa (pilastro della politica europea di De Gasperi e Adenauer), l’istruzione e la sanità. Luigi M. D’Auria.